Terra chiama Rovigo. Rovigo non risponde.

Grafico valori di PM10 negli ultimi 10 giorni- stazione di - Rovigo : Rovigo Centro

A fronte di un nuovo importante sforamento dei limiti delle dannosissime polveri sottili PM10 (il 24 dicembre abbiamo raggiunto gli 9 sforamenti consecutivi sul limite di 50 giornalieri, più che sufficienti per un blocco del traffico, portandoci ad un totale di 80 nel 2020, cioè ben 12 in più rispetto al 2019), senza alcuna evidente attenuazione legata alle limitazioni degli spostamenti dovuti al lockdown; a fronte della considerazione degli spazi pubblici della città ridotti a nulla più che aree per il parcheggio (selvaggio o regolato cambia poco, piazza Merlin docet); a fronte di un primeggiare di Rovigo come il secondo capoluogo più motorizzato del Veneto (900 veicoli ogni 1000 abitanti); a fronte di continui crolli della nostra città nelle classifiche nazionali per qualità della vita (legati proprio alla scarsa qualità ambientale, l’ultimo pubblicato dal Sole24ore).

A fronte di tutto questo, nonostante tutta la gravità, Rovigo si arrende e si accoda alle logiche spicce di commercio locale che  fanno il paio a “corsodelpopoloaperto-corsodelpopolochiuso. Logiche che hanno cancellato per tutte le Regioni del Bacino Padano, il più inquinato d’Europa, l’estensione alle deroghe ai blocchi del traffico anche per agli euro 4 diesel in caso di ripetuti sforamenti delle concentrazioni di PM10 nell’aria, almeno fino a fine 2021. Se da un lato è ormai palese che lo strumento del blocco del traffico si sia dimostrato negli anni praticamente un inutile spauracchio nel contenimento dell’inquinamento atmosferico, dall’altro è stato anche l’unico strumento, simbolico, di un impegno concreto e pratico nella lotta al cambiamento climatico da parte delle Amministrazioni. Stiamo comunque parlando di un provvedimento (a Rovigo riproposto senza alcuna innovazione, fatto per obbligo e non tanto per convinta necessità) talmente annacquato dalle numerose deroghe, su tutte quella dell’ipocrita “tregua natalizia” dove diviene esplicito l’approccio di non tangere in alcun modo i consolidati interessi spicci del commercio. Ora il provvedimento è stato parzialmente cestinato come una fastidiosa cimice che, con il suo ronzare, ricorda che non siamo soli al mondo. Senza alcun atteggiamento critico, anche l’Amministrazione Comunale del capoluogo accetta le scelte imposte e, viceversa, lancia fumo negli occhi sbandierando la panacea della costosa transizione elettrica per i privati e il miraggio del trasporto pubblico elettrico (il naufragare del progetto Eco Rovigo Distribuzione (pag.8) dovrebbe farci diffidare dagli annunci). Infine, come se non bastasse, viene pure ribaltata la frittata perché: “occorre considerare anche altre cause di produzione di polveri; anche se il dossier Mal’Aria Veneto 2020 di Legambiente attribuisce, per Rovigo, ben il 40% del totale del PM10 al traffico, seguito dal riscaldamento domestico (24%) e dall’agricoltura (13%). Si evince quindi che il ragionamento che fa da sfondo a queste affermazioni, in una città con quei valori sopra elencati, ipotizzi una questione lunare la causa effetto tra un eccessivo uso dei mezzi a motore e l’inquinamento atmosferico. Per restare in ambito extraterrestre, pare ancora un approccio marziano quello del disincentivare attivamente l’uso dei mezzi a motore.

Il problema esiste oggi ma lo affronteremo domani (o meglio lo affronteranno i cittadini/consumatori di domani). Intanto, in Inghilterra, fa scuola la prima sentenza che certifica la connessione tra la causa della morte di una bimba di 9 anni con lo smog generato delle auto. Questo a ribadire che la crisi climatica colpisce (e colpirà) principalmente le generazioni future con buona pace (del portafoglio) di quelle passate (e presenti).

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