Si è conclusa una settimana da incubo per la qualità dell’aria di Rovigo. Una settimana in cui i valori delle polveri sottili sono stati sempre serenamente sopra il valore minimo consentito per legge.

Certamente le condizioni atmosferiche della settimana sono state le ideali per il ristagno dell’aria e la prossima un po’ di vento dovrebbe mitigare la concentrazione. Eppure, anche quest’anno, non siamo riusciti a evitare di sfondare il limite massimo di superamenti (ad oggi 67 sui 35 concessi).

Limiti che l’OMS ha recentemente rivisto a ribasso, portando da 50 a 45 μg/m3 il livello massimo giornaliero di concentrazione di Pm10 nell’aria e a cui il Ministero dell’Ambiente sembra volersi uniformare.
Ma quali sono le conseguenze e le risposte fattive a questi dati?
Le immediate conseguenze per la salute sono ben note: oltre 1200 morti premature da polveri sottili in Veneto [dati ISGlobal Ranking of Cities su città sopra i 100mila abitanti] e quasi 60mila in tutta Italia [dati European Enviromental Agency]. Siamo di fronte ad un’evidente emergenza sanitaria di origine ambientale.

Le più note contromisure prese dalla Regione Veneto, spinta anche dalla spada di Damocle di sanzioni europee, sono i blocchi del traffico a semaforo, sulla base dei periodici bollettini ARPAV, e l’istituzione di sette domeniche ecologiche. Due strumenti che risultano annacquati da diversi fattori.
In primo luogo, la sostanziale e concreta impossibilità per le amministrazioni comunali di fare controlli a tappeto nei periodi critici delle emissioni (domestiche e dei trasporti). Un’impresa titanica che richiede forze ben al di sopra delle possibilità dei Comuni. E, in secondo luogo, eccezioni “da struzzo” come la “tregua di Natale” che, per “tutelare” lo shopping (dallo smog?), manda in soffitta senza tanti problemi il sistema dei semafori, dal 18 dicembre al 7 gennaio (salvo semaforo rosso, ma è un po’ come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati). Logiche così ben radicate, che hanno portato all’annullamento della domenica ecologica prevista per il 5 dicembre, a Rovigo.
Ma come equilibrare necessità economiche, salute e ambiente?
Come i nostri Comuni possono essere efficacemente protagonisti di un contenimento delle emissioni?
Forse, meglio di divieti “spaventapasseri”, è il caso di avviare azioni concrete?
Per esempio, non avere timore di contenere il selvaggio accesso dei mezzi a motore ad ogni angolo della città (estendendo le aree pedonali, le ZTL, dando priorità alle bici, TPL, ecc.), con l’obiettivo deciso per un cambiamento nelle abitudini quotidiane? Certo, qualcosa si muove, ma con quale intensità e rapidità?
Noi, come cittadini, stiamo già agendo. Grazie ai sostegni governativi e regionali, approfittando dei bonus ambientali (bonus caldaie, 110%, mobilità, ecc.), ci stanno consentendo un sostanziale ricambio di fonti di inquinamento più vetuste. Ma non basta.
Come polesani abbiamo il dovere di essere i più sensibili ai disastrosi effetti dei cambiamenti climatici. Perché già li viviamo sulla nostra pelle, come la siccità estiva e il cuneo salino, che impoveriscono le nostre campagne, ma soprattutto il rischio concreto dell’innalzamento del mare che di fatto, cancellerà il nostro amato Delta del Po (con conseguenze a dir poco bibliche).
Tutti elementi che dovrebbero porci in prima linea ad attuare e a essere esigenti per vedere immediate contromisure per tutelarci e contenere il disastro.
Intanto, grazie alla zona gialla da Covid, saremo tenuti a usare le mascherine all’aperto. Una soluzione efficace anche per contenere i danni dello smog. Ma è un gioco da riserva.