Lo scorso 26 luglio ISPRA ha pubblicato il suo consueto rapporto sul consumo di suolo in Italia. Dalla stessa ISPRA viene definito come: un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Il fenomeno si riferisce, quindi, a un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative. Un processo prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici e infrastrutture, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area urbana, all’infrastrutturazione del territorio. […] Il consumo di suolo in Italia non solo non rallenta, ma nel 2021 riprende a correre con maggiore forza, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale.
FIAB Rovigo, nel suo piccolo, ha aderito nel 2019 al Forum nazionale salviamo il paesaggio che, con la miriadi di associazioni aderenti, si propone di salvare il paesaggio e il territorio italiano dalla deregulation e dal cemento selvaggio.
Se i dati nazionali non fanno ben sperare, le indagini dell’ISPRA ci permettono di fare un focus sul territorio polesano e, anche in questo contesto, i dati non sono positivi.

Anche il Polesine, con minore intensità rispetto al resto del Veneto, prosegue nella sua marcia nel consumo di suolo. Il podio dei più voraci del 2021 si sono dimostrati Arquà Polesine (2,39 ettari annui), Porto Viro (2,34) e Rovigo (2,13). Unendo i dati dei singoli Comuni possiamo calcolare un consumo di 26 mq orari (300 volte più lento rispetto alla media italiana).

In un confronto tra Province emerge come il nostro Polesine sia la provincia con il rapporto più alto di suolo consumato pro capite, con ben 664,48 mq per abitante. Un dato a cui nemmeno le province più sviluppate del Veneto attualmente eguagliano.

Provando a confrontare il dato del consumo di suolo nella serie storica dal 2015 al 2021, oltre ad un costante aumento, possiamo notare come proceda praticamente di pari passo con l’aumento delle auto nella provincia. Dato che trova ulteriore conferma in un confronto tra le aree storiche del Polesine.

Insomma, più è alto il tasso di motorizzazione più è alto il conseguente consumo di suolo. Due temi che potrebbero anche essere usati al contrario, ovvero: più auto in circolazione e un’edilizia in espansione rappresentano un’economia dinamica e in crescita. Peccato che questo assunto in Polesine non funzioni (qualche articolo di conferma QUI e QUI)
Tornando ai dati specifici del consumo di suolo in ambito provinciale, nella seguente mappa emerge come i 10 Comuni con la percentuale più elevata di consumo di suolo (ovvero sopra quella veneta, la seconda in Italia dopo la Lombardia) si trovino principalmente nel medio Polesine, con punte significative nell’alto Polesine (Castelmassa, Badia e Occhiobello).

Infine, proviamo a fare un focus sul capoluogo: Rovigo.

Nel confronto con gli altri capoluoghi di Provincia, emerge il dato preoccupante di come Rovigo abbia il valore più alto in Veneto di suolo consumato per abitanti. Un campanello d’allarme che dovrebbe spingerci a fermare ogni ulteriore avanzamento del cemento nel Comune. Un processo che non ha subito nessun rallentamento durante la pandemia.

Una dinamica che andrebbe presa sul serio, anche alla luce dei cambiamenti climatici che ci impongono un approccio resiliente, un territorio capace di resistere e adattarsi. E quale miglior approccio se non quello di arrestare completamente il cemento e iniziare politiche concrete di recupero e rinaturalizzazione? Riflessioni, a nostro avviso, lontane da ogni discussione pubblica.
Intanto godiamoci questa nuova colata di cemento nel neonato parco della Tassina.
