Incentivi alle bici in Cina


A causa del traffico e dell’inquinamento che stanno avvelenando la vita delle città, il governo cinese ha recentemente lanciato un piano per incentivare l’uso delle due ruote, simbolo dell’era di Mao. Negli ultimi vent’anni, con il boom economico, la Cina si è trasformata nel primo mercato automobilistico del pianeta: oltre un milione di vetture vendute ogni mese. Una motorizzazione senza precedenti, incentivata dalle autorità impegnate nella più colossale migrazione interna della storia.
In breve, l’aria è stata definita «inadatta alla vita umana»,  ingorghi lunghi centinaia di chilometri e insolubili per mesi. Per la nuova classe media della Cina, più numerosa della popolazione europea, traffico e inquinamento sono il primo problema, dopo la corruzione dei funzionari.

A Pechino il governo ha inaugurato i primi 63 punti-noleggio dotati di 2 mila biciclette nei quartieri centrali di Chaoyang e di Dongcheng. Altri 140 affitti pubblici, con 48 mezzi, sono stati sparsi nel resto della capitale. Entro il 2015 si arriverà a 150 mila cicli di Stato distribuiti in 1.000 punti della città e serviti dalla più estesa rete di piste ciclabili del mondo. Per la seconda economia globale è una svolta: automobili a numero chiuso, targhe alterne e biciclette gratis. Se fino a ieri salire in macchina era la cifra del successo nazionale, oggi diventa snob parcheggiare la berlina tedesca sotto casa e pedalare
fino all’ufficio protetti dalla mascherina anti-piombo.

Frenare l’invasione dei volanti e convincere i cinesi a reimbracciare il manubrio, è del resto una drammatica necessità. In dieci anni la superficie occupata dalle quattro ruote in Cina è cresciuta 680 volte più rapidamente di quella coperta dalle strade. A Pechino e a Shanghai i tempi di percorrenza dello stesso tragitto, nelle ore di punta, si sono allungati fino a 12 volte: per un percorso da dieci minuti occorrono due ore. Il risultato, secondo l’allarme dell’Accademia delle scienze, è il 52% dei cinesi, ormai urbanizzati, sull’orlo di una crisi di nervi e sempre più contrari ai privilegi di leader e funzionari. La riscossa delle biciclette pubbliche, dalla capitale, dilaga così nelle principali città e nei distretti industriali, dove i colossi di Stato cominciano a offrire agli operai l’abbonamento alla metropolitana e una bici di servizio al posto dell’aumento in busta paga. Resta, insuperabile, il problema dei numeri: montagne di automobili che invadono ogni spazio, cancellano le piste ciclabili e causano la più alta concentrazione di incidenti mortali nei Paesi in via di sviluppo.

Tratto da: La Repubblica, 21 giugno 2012 .pdf