Nel 2012 ecatombe di morti e feriti: 130 vittime e 1.111 feriti, molti dei quali pedoni e ciclisti.
L’Osservatorio ASAPS realizza il monitoraggio del triste fenomeno dei pirati della strada.
Il numero di episodi analizzati, che si riferiscono solo ai casi di pirateria grave (per lesioni o per dinamica) è aumentato dell’11,9%, con 953 fughe rispetto alle 852 del 2011, anno che aveva fatto segnare un record assoluto di crescita (+45%): poiché è nel 2010 che gli effetti della crisi hanno iniziato a farsi sentire pesantemente nelle tasche degli italiani, non è possibile escludere che una delle ragioni che spingono molti conducenti a fuggire sia la mancanza di assicurazione. Anche l’alcol e la paura di perdere la patente restano i moventi di prim’ordine.
Il bilancio è pesante: 130 persone uccise (3 in più rispetto al 2011, pari al 2,4%) in 128 incidenti mortali, e 1.111 feriti: nel 2011 gli accessi al pronto soccorso erano stati 995 (+11,7%).
Le cause: l’alcol è un accelerante pericolosissimo in questi casi, se è vero che il 20,2% dei pirati (115 su 569 identificati) è risultato positivo all’etilometro: tra questi, 15 avevano assunto sostanze stupefacenti. Nei 128 episodi di pirateria mortale, l’autore aveva certamente bevuto (o assunto sostanze) nel 14,5% dei casi in cui è stato identificato poco dopo l’incidente. Si devono aggiungere poi tutti i pirati in cui l’autore è stato identificato a distanza di tempo per cui non è stato possibile effettuare la prova con l’etilometro (la stima totale si avvicina almeno al 40%).
Le indagini, in casi di questo tipo, restano uno dei fiori all’occhiello degli organi di polizia stradale. A 569 dei 953 pirati, è stato dato un nome e un cognome nel giro di poche ore o pochi giorni (59,7%): di questi, 144 sono finiti in manette (25,3%) perché rimasti “latitanti” fino alla loro individuazione – senza che si siano messi a disposizione spontaneamente – e 425 fuggiaschi sono denunciati a piede libero (74,7%).
I dati dicono che la pirateria, contrariamente a quanto si sia portati a pensare, è un fenomeno principalmente diurno, visto che ben l’83,3% dei casi si è verificato in pieno giorno (794 eventi), mentre “solo” il 16,7%, vale a dire 159 episodi, ha avuto come teatro una strada buia.
Gli inquirenti, ricostruendo gli eventi, hanno identificato 69 donne pirata, il 12,1% del totale: l’incidenza delle “bandane rosa”, nel 2011, era stata lievemente inferiore, pari al 10% ma è più che raddoppiata rispetto al 2010 quando era solo al 5%.
Resta invece purtroppo elevata, in piena linea col 2011, la percentuale dei pirati stranieri, quest’anno al 24,3%, contro il 24% della precedente rilevazione. Ma gli stranieri non sono solo carnefici: il 14,1% delle vittime (morti e feriti) infatti non è cittadino italiano.
Le utenze deboli restano le più colpite: tra i 130 morti, nel 2012 ci sono 68 pedoni (367 i feriti) e 22 ciclisti (127 feriti). Questi dati forniscono un quadro solo leggermente diverso rispetto al 2011, positivo per i pedoni, che nel 2011 registrarono 72 vittime – 4 in più – e negativo per i ciclisti, che nel precedente anno avevano fatto registrare 16 uccisioni, 6 in meno.
Così il dato dei minori, coinvolti in 63 episodi (pari al 6,6%) con 2 vittime e 71 feriti.
Le regioni più colpite dal fenomeno sono nell’ordine la Lombardia, con 155 episodi, il Veneto con 97, il Lazio con 84, l’Emilia Romagna e la Campania con 76 e 74 eventi, la Toscana con 69 e la Liguria con 67. Basilicata e Valle d’Aosta sono invece le regioni in cui il fenomeno registra il minor numero di casi, rispettivamente 4 e 3.
L’identikit del pirata? Nella maggior parte dei casi, secondo l’Osservatorio il Centauro – ASAPS, si tratta ancora di uomini di età compresa tra i 18 ed i 45 anni (solo 69 le piratesse anche se in crescita), spesso sotto l’effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti. Uno su quattro è forestiero.
In netta e preoccupante crescita i casi di veicoli con assicurazioni scadute o addirittura false, un fenomeno che sta incrementando un altro effetto deteriore e pericoloso: le fughe all’alt della polizia, il cui dato in forte espansione è difficile da quantificare.
Le pene per l’omissione di soccorso, peraltro, sono deboli: da tre mesi a tre anni. Questo reato, per l’impatto che ha sull’opinione pubblica, dovrebbe vedere processi veloci e condanne certe.
Fonte: http://www.asaps.it